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È un percorso non lineare quello che mi ha condotto ad esplorare ambiti diversi della scrittura e della creatività. Per chi ama scoprire anche ciò che non sta cercando, per chi ama spigolare seguendo il proprio istinto, qui c'è del materiale: riflessioni e contributi di arte, fotografia, video, poesie, comunicazione, geografia, personaggi…
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[1/1/2012]
Stalin dopo la pioggia
A casa della mia amica M*** campeggia nella grande stanza centrale – salotto, sala da pranzo e ingresso in una volta sola – una copia del celebre dipinto di Aleksandr Gerasimov Stalin e Voroshilov al Cremlino dopo la pioggia, esposto oggi dopo i restauri alla Novaja Tret'jakovka. È un quadro immenso (386 x 296 cm), che valse all'autore, nonché Segretario dell'Unione dei Pittori, il Premio Stalin nel 1941. Il quadro è un caposaldo del Realismo socialista e diede origine a un vero e proprio genere, con altri gerarchi che si facevano ritrarre sullo sfondo del Cremilino o dei parapetti appena costruiti della Moscova. Un giorno proposi alla mia amica di tenere un quadernetto in cui chiedere agli ospiti di lasciare uno scritto, un'opinione, sulla liceità o meno di esporre un quadro del genere in un contesto domestico. Chi era d'accordo scriveva da un aparte, sotto il DA. Chi non lo era, doveva girare il taccuino e scriverlo dall'altra. A distanza di anni ho trascritto i testi. Vincono i sì 7 a 6. C'è anche un enigmatico disegno di Andrea Jacchia.
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[15/5/2009]
Pollice verso, Aleksej Lugovoj e altre storie
Fausta Squatriti mi ha chiesto un parere sul libro Pollice verso! (in latino nell'originale) di uno scrittore russo a cavallo fra ottocento e novecento che non conoscevo, un certo Lugovoj. Strada facendo mi sono documentato, e strada facendo ho scoperto che in realtà il gesto di pollice verso era nell'antichità esattamente al contrario, ossia girato verso l'alto, prima che il pittore francese Jerome proponesse la celebre versione con il pollice girato verso il basso. Strada facendo si impara sempre qualcosa.
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[6/7/2008]
Un sogno lungo una vita
Il principe trasformato di Evgenij Znosko-Borovskij andò in scena al teatro Dom Intermedij di San Pietroburgo nel 1910 e 1911. È una storia dal gusto piuttosto amaro nella sua morale ma per contro molto vivace e colorata nelle ambientazioni, nei dialoghi, nella forte tensione erotica. Ci si prende gioco di quel solaio in cui sono accatastati alla rinfusa i peggiori luoghi comuni sul mondo storico, e al tempo stesso si butta al pubblico un amo avvelenato: le storture della storia sono incorreggibili.
La traduzione, che risale all'incirca al 1983-1984, mi era stata commissionata da Evelina Schatz e Valerio Fantinel per un progetto editoriale che poi non ha visto luce. Valerio Fantinel è uno scrittore e drammaturgo. Aveva esordito con il romanzo sperimentale Vacuum packed pubblicato da De Donato nel 1968. Per molti anni ha lavorato come editor alla narrativa italiana di Mondadori. Una volta sganciatosi, ha aperto uno studio di consulenze editoriali. Ha collaborato a lungo con la rivista teatrale Sipario.
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[4/7/2008]
Al gran sole carico d´amore
Al gran sole carico d'amore è uno spettacolo nato dalla stretta collaborazione del compositore Luigi Nono con il regista Jurij Ljubimov, lo scenografo David Borovskij e il direttore d'orchestra Claudio Abbado. Andò in scena a Milano al Teatro Lirico una prima volta nl 1975 e poi nel 1978. Ci fu una grande polemica, perchè un politico democristiano, Massimo De Carolis (secondo la felice definizione di un giornalista, 'l'uomo dal sorriso carnivoro'), contestò lo spettacolo con veemenza e scandalo pubblico. Il libretto, d'altronde, includeva brani di Bertolt Brecht, Fidel Castro, Ernesto Che Guevara, Georgij Dimitrov, Maksim Gorkij e Antonio Gramsci. Ricordo che mi piacque, questo garrire di bandiere rosse, una per persona, su un palcoscenico che si spezzava a strati di diverse altezze. E poi per settimane a casa nostra venirono a pranzare o cenare Borovskij, Nono, Ljubimov... Ljubimov era un grande affabulatore, un trascinatore, un condottiero della cultura. Questi occhi azzuri che si posano come un aliante sul tuo volto, e poi nel giro di pochi secondi possono diventare terribili, una tempesta del secolo. L'anno scorso sono andato a trovarlo nel suo glorioso Teatro alla Taganka, c'è anche una foto che mi ritrae insieme a mia madre Evelina nel suo ufficio con alle pareti le firme di amici, colleghi e ammiratori. In occasione del novantesimo compleanno del Maestro è uscita una pubblicazione celebrativa a cura del teatro. Mi hanno chiesto di tradurre un breve testo di Ljubimov sulla sua poetica in teatro per la versione italiana. Eccolo.
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[18/3/2006]
Due poesie più una più una
Due belle poesie di Vera Kalmykova, Albero genealogico e Invettiva. Nata a Mosca nel 1967, è poetessa, saggista, filologa. Ha lavorato presso il Museo Letterario e il Museo Teatrale di Mosca. È stata fra i curatori che hanno creato la Casa-Museo di B.L. Pasternak nella città di Cistopol' (Tatarstan). Ha pubblicato Viaggio nelle sale del Palazzo delle Armi del Cremlino (Mosca, 1993). Si è occupata anche del lavoro di Manuel Schatz.
A seguire la poesia Confine di Alla Golovanova, classe 1964, storica, giornalista e poeta.
E infine la poesia Paia di parallele di Mikhail Pogarskyj, classe 1963, poeta sul crinale di molti linguaggi (poesia visiva, design, arte concettuale), nato come ingegnere informatico, cresciuto come visual designer ed esperto di tipografia, autore di fiabe, saggista e critico, animatore dello studio Treugol'noe koleso (Ruota triangolare), instancabile organizzatore di eventi artistici e curatore della Mostra internazionale del Libro d'artista di Mosca.
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[19/10/2004]
Un racconto polit-surreale
Jurij Markovich Nagibin (1920 - 1994) era un caro amico di famiglia. Ha pubblicato oltre quaranta libri (nel 1995 sono uscite in Russia le sue opere complete in 14 volumi), di cui molti tradotti all'estero, ha scritto molto per il cinema e ha fatto molta televisione in Russia, dove era molto letto. In Italia sono usciti una decina di titoli per Spirali. Nel 1990 Feltrinelli ha pubblicato il suo autobiografico Alzati e cammina (1990). Ha scritto le sceneggiature di La tenda rossa prodotto da Franco Cristaldi (1969), Dersu Uzala di Akira Kurosawa (premio Oscar per la sceneggiatura nel 1981) e insieme a Enzo Decaro Il quarto re (1996), almeno fra i titoli conosciuti in Italia. Quando veniva in Italia mi è capitato diverse volte di tradurre i suoi incontri con il pubblico. Ho tradotto la sua novella L'ultima corrida di Hemingway del 1982 (leggi pdf 1), uscita da Reverdito Editore nel 1986 con illustrazioni di Alik Cavaliere (vedi immagini) e un saggio di Vittorio Strada (leggi testo). Nagibin ha vissuto intensamente la sua epoca, si è sposato diverse volte, ha raggiunto un tenore di vita elevato: ha preso la vita a schiaffi, come i russi sanno fare bene. Grande bevitore, grande amante delle donne, grande scrittore poligrafo (nel senso buono del termine, nel solco della tradizione russa) che nei suoi libri, oltre a scrivere di guerra, musica, sport, arte, vita in provincia, eros, lager e tormenti, ha raccontato in modo sconvolgentemente sincero i tradimenti della propria anima. Una grande persona, a cui sono molto legato anche adesso che non c'è più. Per questo, a distanza di anni, ho voluto tradurre il suo geniale racconto apparso sulla rivista russa Znamja nel 1988 Scattista o fondista? (leggi pdf 2): uno spaccato surreale della vita russa, che a loro, ai russi, sarà sembrato iper-reale.
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[21/10/2001]
A proposito di mio nonno Manuel
Il 21 ottobre 2001 si inaugurava a Milano, nella Galleria 111 di Angioletta Miroglio, la mostra Evelina e Manuel Schatz - Dall'accademia sovietica alla poetica del frammento (opere 1934-2001), una doppia antologica delle opere di mio nonno e di mia madre. In quell'occasione si coagularono le forze degli amici per un commento sulla persona e sul lavoro in pittura di mio nonno. Anch'io scrissi su di lui e su sua figlia, cioè mia madre. Il catalogo, prima o poi, uscirà.
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[3/4/1994]
Una bella storia di giornalismo e di giornalisti
Olga Martynenko ai tempi era il Capo redattore Cultura del settimanale Moskovskie Novosti, una delle testate più engagèes nella fase della perestrojka. Ebbi modo di farla venire in Italia per scrivere di fiere tecnologiche, in realtà per farle fare un viaggio tanto desiderato. A Milano mi chese di incontrare Indro Montanelli, poiché aveva letto molti suoi libri e lo ammirava sinceramente. Alzai il telefono e straordinariamente il giorno dopo Olga pranzava con Montanelli. Da lì nacque un'amicizia anche professionale. Olga fu l'unica persona esterna alla redazione presente quando le rotative si misero in moto per stampare la prima copia del quotidiano La Voce. Il giornale commissionò a Olga una serie di corrispondenze culturali da Mosca, che io tradussi. Non tutte furono pubblicate, poiché gli stili giornalistici non sono facilmente esportabili. Restano comunque uno spaccato interessante di quegli anni. Tradussi anche un articolo redatto da Olga e firmato da Indro Montanelli, pubblicato su Moskovskie Novosti (3-10 aprile 1994).
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[1/7/1992]
Come si uccidono i re
Nei primi anni '90 ho collaborato con la società Imago di Lorenzo Minoli e Beppe Cova, che allora si occupava di sponsorizzazioni ma anche di progetti culturali legati alla Russia. Si organizzò il raid automobilistico 100 giorni intorno al mondo che attraversò la Russia. Si portò in Italia la mostra del fotografo Igor Kostin sul disastro di Cernobyl'. Si realizzarono per la trasmissione Mixer dei servizi televisivi sul mondo nuovo che si apriva in Russia (o sui vecchi disastri come il lago d'Aral). In quel periodo conobbi personaggi come lo stesso Kostin, fotografo di moda ‘buttatosi' sulla foto di denuncia durante i primi giorni di Cernobyl' sprezzante dei rischi di radiazione, la scrittrice Olga Kuchkina, di cui tradussi la pièce tratrale Josif e Nadezhda - Il teatro del Cremlino sulla giovane moglie suicida del tiranno, pubblicata da Sipario nel dicembre del 1991, o Anatolij Ivanov, produttore e regista russo che aveva in animo di girare un film sugli ultimi giorni dei Romanov (non so se mai lo girò). Nelle fasi di quest'ultimo progetto mi trovai a tradurre un articolo segnalato da Ivanov sui carnefici dei Romanov, che riporto qui. Dieci persone fucilate, una cameriera sgozzata, tre cani impiccati e un solo superstite: un cane che aveva deciso di non abbaiare. Rileggendolo, mi ha colpito un dettaglio: i cekisti misero in moto un motore Ford per coprire il rumore degli spari, quasi un'involontaria complicità dell'Occidente.
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