[6/7/2008]
Un sogno lungo una vita
Il principe trasformato di Evgenij Znosko-Borovskij
Commento introduttivo
Un susseguirsi di rocambolesche avventure conducono il principe Diego – campione di un'umanità in cui regna il vuoto pneumatico dell'anima – attraverso una Spagna reinventata sul filo dell'assurdo. La Spagna dei Re cattolici, impregnata di sapori odori colori, e naturalmente toreri, è tal quale appare ai russi in quella immagine fantastica del Mediterraneo latino che tradizione e luoghi comuni hanno contribuito a far sedimentare. Ma proprio l'elemento banalizzante di una rappresentazione consunta, o dal vago sapore fiabesco, viene rovesciato con un abile gioco dell'assurdo, facendo oggetto della satira questa stessa raffi¬gurazione della Spagna. Il luogo comune alla berlina.
In parallelo al gioco della rivisitazione e del rovesciamento, si svolge l'applicazione del principio di carnevalizzazione: il tra¬vestimento, la rottura dei rapporti sociali stabilmente convenuti, il gusto della burla e della trasgressione, l'occasione per contrabbandare messaggi nuovi e sibillini, una lunga e interminabile teoria di personaggi ebbri di storia (e di vino). L'impulso alla carnevalizzazione, come vuole Bachtin, affonda le radici nel romanzo europeo di Rabelais e Cervantes.
Questa operazione di vanificazione e demitizzazione si inscrive in quella originale vena dell'assurdo che percorre trasversalmente la letteratura moderna russa, da Kuz'ma Prutkov a Danijl Kharms. Il principe trasformato di Evgenij Znosko-Borovskij andò in scena al teatro Dom Intermedij di San Pietroburgo nel 1910 e 1911, nell'allestimento di Doktor Dappertutto (alias Mejerchol'd), con le musiche di Mikhail Kuzmin e i costumi di Sergej Sudeikin. Il testo fu pubblicato poi qualche anno dopo nei Quaderni di Doktor Dappertutto (numeri 3-4, 1914).
In questa pièce Ripellino ha visto una tappa importante nella nascita di quel vnerampovyi teatr (teatro fuori della ribalta) che fu poi traguardo delle avanguardie storiche. Questo tipo di teatro mirava a coinvolgere il pubblico nel gioco che si produce sulla scena. Ispirandosi alle tradizioni popolari del teatro di piazza e della Commedia dell'arte (il simbolismo russo seppe dare una spinta decisiva in questo senso), il vnerampovyi teatr imposta per la prima volta un esperimento formidabile: la nega¬zione della scena attraverso la sua estensione massima, la discesa in sala del palcoscenico (o la salita del pubblico alla ribalta, se piace di più questa definizione). Questo testo, al di là dell'interesse filologico e letterario, è dunque un'occasione per misurare la vitalità della calata del palcoscenico in platea, mediante fusione dei due poli primari del teatro. Simbolica è in questo senso la domanda che si pone un attore a proposito della mano destra e della mano sinistra: rispetto a chi, al pubblico o al palcoscenico?
La vicenda è quella di un giovane principe arrogante che ama sprecare il proprio tempo circondandosi di bravi, adulatori e donnine. Il suo talento principale è mentire. Si innamora di una giovane ballerina che osa rifiutare i suoi approcci violenti. La storia è tutta qui: lui la cercherà tutta la vita e la troverà troppo tardi. La sua è un'ossessione patologica. Strada facendo, la galleria di personaggi e lo stesso Diego ci fanno intravedere un potere ottuso, meschino, incapace di qualsivoglia spunto altruistico, nemmeno verso i servitori più assidui. Chi ne viene fuori peggio, tuttavia, non è il potere ma il popolo, che accetta tutto ciò senza mai un dubbio, una critica, totalmente prono e passivo. Il popolo, che si tratti di potere autocratico o di rivoluzioni cruente, non cambia la propria natura: una ondeggiante, impaurita marea di teste in attesa di guide ispirate che diano loro un alibi per restare schiacciate e, nella migliore delle ipotesi, schiacciare altre teste. Così va il mondo, sebbene sia molto divertente e colorato e pieno di profumi spagnoli.
Eugenio Alberti Schatz
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