[18/3/2006]
Due poesie più una più una
ALBERO GENEALOGICO
di Vera Kalmykova
Non ha ancora un anno.
Dorme e sbuffa nel lettino.
E noi si ragiona in felicità
di quali tendine appendere.
Da qualche parte va il vecchio
decrèpito treno per Osventzyj,
mentre stanno seppellendo
la mia bisnonna ancora viva.
Qui a fianco, di poco distante
da dove spingo la carrozzella,
gli occhi dei sagittari annegano
nelle lacrime dei bimbi e dei cavallucci.
E il mio trisnonno diventato povero
spedisce i suoi nipoti
a cercare la nipotina fuggita via
con il figlio di una donna di strada.
La corolla della memoria appassisce:
troppo denso è il concime,
e il Redentore si erge sul sangue –
e dov'altri potrebbe stare?
La memoria del sangue è sanguinaria.
Di amore – un velo sottile.
A che serve al mio bambino
la memoria di tali generazioni?
Mosca, 2003
Vera Kalmykova (traduzione Eugenio Alberti Schatz)
INVETTIVA
di Vera Kalmykova
Per questa volta il Signore ha avuto pietà del Proprio Figlio.
Di mutare il mondo ha dato l'incarico
addirittura non a uno dei suoi –
ma a un bandito che viene dalla Strada,
con un Passo, mettila come vuoi, regale,
e guarda che bombe si è messo a tirare.
(La casuale coincidenza dei nomi
richiama alla mente
fascino, letteratura, Odessa,
Olesha, Babel'…
Benja Krik, il secolo ventunesimo.)
A tutti coloro che fanno la guerra
presto sembrerà
di fare la guerra da soli.
E l'arte s'impregnerà
di offesa,
e per questo a ragione
cadrà in disuso.
E là dove la guerra non giungerà
se non attraverso i media di massa
insegneranno ai cani di non mordere
e osservare le leggi,
sterilizzeranno i gatti
e insegneranno loro come mirare
e sparare a chi dovesse mostrare
la minima intenzione di aggredire
(o ciò che può essere inteso
per tale intenzione,
per esempio il gioco alla guerra.)
A me invece
l'abbaio dei cani sulla porta
di sera mi dà calore,
bevo il tè succhiando la zolletta,
mi stringo nello scialle,
aspetto il marito,
e se mi dispongo alla lotta – è solo
contro l'uguaglianza fra uomo e donna,
scendo nel borgo
a comprare piccoli oggetti di porcellana
inutili per i parenti
delle vecchie morenti.
Tovagliolini richelieu,
stiro perfetto da cent'anni,
punto a giorno,
gattini a punto croce,
moccoli di cera colorata
e briciole di zucchero.
ecco
la mia risposta a chi volete,
il mio compito è rispondere.
E so anche questo:
nulla ancora è deciso,
nulla si sa,
si vedrà ancora chi vincerà
nello scontro certamente impari
se le bombe di Bin-Laden
o invece
i gattini di porcellana,
le principesse e i cagnolini.
Mosca, 2003
Vera Kalmykova (traduzione Eugenio Alberti Schatz)
CONFINE
di Alla Golovanova
ho provato a staccare coi denti l'istinto di conservazione
la scorza è rimossa, è rimasta un'appassita liscia asticella
mi pare un'antenna
e di frequente
attraverso oscuri sibili e interferenze
sento un canto di angeli
si distinguono pure singole parole
qualcosa sul limite o sulle leggende
e su di una certa soglia
superando la quale
entri nel valzer
da sola…
Mosca, 2003
Alla Golovanova (traduzione di Eugenio Alberti Schatz ed Evelina Schatz)
PAIA DI PARALLELE
di Mikhail Pogarskyj
Svelando lo spazio,
Questo è interessante: esiste poi una voce dello spazio?
Càpiti nel punto in cui si incrociano i cammini.
Che cos'è un cammino? Erba? Orme sulla strada?
E incurvando il vettore della costanza
Come sono belle le sillabe perdute!
Fai rotta verso il campo ignoto del timore
Per una qualche ragione viene una rima divina
Verso un'infinita infilata di usci...
Uscio: uscire in cerca di Dio…
Che cosa ti aspetta all'uscita, viandante?
E Gesù disse: “Siate viandanti!”
Presumibilmente una vita del tutto diversa
Diversa? Cioè amichevole, non è così?
Un mondo lontano da una Terra differente
“Differire” al perfetto o all'imperfetto?
Un anello di certe linee adimensionali...
Uno zero trasfigurato dalla topologia...
Caratteri minuti, sfumati in commento...
Quello stesso infinito diviso per il nulla.
Un ulteriore impulso che precisa le coordinate della morte.
Più forte è l'impulso, più misteriosa è la morte...
Faccio ritorno. Fuori dalla finestra gli uccelli .
Ma questi sono soltanto sogni. È notte. Notte fonda. E di notte gli uccelli dormono.
Tè bollente. Sigarette tenaci
Compongo strofe sciocche.
Mi ispirano pensieri profani.
Mai confondere un dono divino con la merda.
Nei versi spargo mete,
Dei pavoni il pathos pare la coda di una cometa.
Mi perdo in un sonno imperturbato.
Buona notte, versificante gnomo.
Superna superficialità
Supponendo l'esistenza di un sopra
Vedi una gru che solca il cielo.
Ne supponi al contempo anche il peso.
Lasciato ai quattro venti, oppure ai sei.
In ogni caso urge la verifica
Verifica della vecchia gru. Verifica della vecchia gru. Verifica
Mettila come ti pare, ma non puoi star disteso sulla verticale.
Persino l'asfalto è in grado di sollevarsi (dicono).
Del resto è solo questione di concetti,
Viene da sfogarsi: “Mondo cane!”
Non è così sostanziale nella costruzione del discorso.
Che ne dite, signori, accendiamo le candele?
Sebbene si possa, anche senza capire, semplicemente conoscere,
Così è meglio, che, come si suol dire, facciano lume!
E accettare: col cuore, col gusto, sulle spalle...
Sono convinto che i concetti mutilino il discorso, oppure lo deformino in volgare.
Somma sventatezza
Forse era semplicemente il vento a spargere le parole.
Quelle parole gettate al vento.
Forse era semplicemente l'allegra pioggerella a far fruscio.
Il rumore della pioggia è il miglior suono al mondo.
Forse era l'autunno a far girare la testa.
E i neuroni danzavano ad arte.
O semplicemente me ne andavo da qualche parte.
Me ne andavo all'alba verso nessun dove.
Supposti inverni
Supponiamo dunque che adesso sia inverno.
Marzo è tempo di transizione.
E che io sia già stanco della neve.
Tanto stanco del vino e delle carte.
E di fronte a me si pari una parete.
E giace trascurato Sartre, non ancora finito di leggere.
E dietro di essa non si senta fracasso.
Della primavera il gioioso chiasso.
Doppia canzone sul demonio e sul ruscello
Scorreva un ruscello attraverso il bosco.
Correva un diavolo nero, di nessuno.
E fluiva l'acqua nella sabbia.
E correva mesta la sventura.
E colava dalle rocce.
E la colpa si acuiva lassù.
Come gli anni colano dall'anima.
Come le stirpi si spengono in esilio.
Lancio in volo la navicella.
Non è ora di consultare il sapiente?
Che navighi libera fra le onde.
Aspro assai un cammino l'aspetta.
Per un pò mi affliggo sulla riva.
Non crederete, ma parlo per scherzo...
Del destino che m'attira e trascina.
Del giudice, che mi schiaccerà.
NB: cielo
L'otarda? Uccello della famiglia degli otididi.
Del cuore la trepidazione quasi nuova.
E del cielo che cosa puoi dire?
Fatto d'aria e di nuvole.
A che ti serve un tetto trasparente?
A volte è blu, a volte è turchino.
Fai dire una messa per lui…
Te Deum dei venti smarriti.
Mosca, 2006
Mikhail Pogarskyj (traduzione di Evelina Schatz con la collaborazione di Miki Trainini ed Eugenio Alberti Schatz)
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