A futura memoria
6 agosto 1945
Non vale truffare intento
di cuore distolto a traffici – catene e manette –
ingiuriando
quel che resta del canto.
In retrovia s'insinua della sopravvivenza il codice
e vocaboli dispersi
sotterrano scandalo.
Per tanti ammazzati
nel grembo albino smagritosi affinando indizio
al buio e senza scorta
altri ne nascono.
Riavvolgere il passo a ritroso ispira dizione scissa.
Caino
declinando il Verbo
non rinnega paternità d'umanitario progetto
e sulle fosse
ci spende sempre del tempo:
rigoglio d'erbetta il seme ingrassa nel sangue.
Accorta previsione
sonnecchia futuro anticipa sorpresa
dileggia fede
di teologale abbandono sprezza il miracolo
vomita la spesa.
Alleanze ridisegnate
nel tugurio allestito in fretta:
ragioni e colpe fino a incastrarle
ammantate in gioviale errore.
Non era intenzione provocare epidemia di radiazioni.
Manhattan project ha avuto successo
cominciando da A
Little boy è ormai vecchietto.
Pilota e madrina
sopportano della storia lo sgarro ma
nessuno
si aspettava quel botto: pika don souvenir!
(Il nemico avrebbe fatto lo stesso.)
Buio di ragione molesta solo in parte
folkloriche falci
sia di notte che di giorno al lavoro intente
a cangiar prova
bestemmiando
assoluzione.
Anche i potenti soffrono
alla conta dei corpi ammosciati
scegliendo alla morte il meglio protocollo.
Strategicamente corretto
Capita anche di morire per umano errore.
Incidente di percorso scatena dibattito:
setta di potenti sguinzaglia l'osso
della giustizia placando la fame
in bella calligrafia
e con tante scuse.
Mercenario d'umanitarie imprese
in grasso lustragabbana controbatte
usura a sanzioni
strizzando l'occhio a chi sa lui.
Ragione di convenienza
caccia in punta di fioretto alleanze già strette
spacciate per amorosa congiunzione.
(Chi con le sole sue forze corre a ricucire segare sistemare
parlando sopravvissuto idioma d'amore).
Canto di razze escisse
sfinite d'olocausto mai concluso
odio debordato in chiaro da impunita sordina:
e dire che la bella umanità
sa anche
fare
bene.
Coazione a ripetere
Riassunti
in polvere da forno
pastella di sangue e prato di cenci
orologi anelli denti e altri metalli meticolosamente separati
dai corpi
svettano ancora catasta d'olocausto.
Assolo d'urla per ordini e colpi
copre pianto introflesso di voci azzerate
mentre nel campo del mondo ancora si sdottrina
elogio d'ordine e progetto.
E non erano pazzi.
Imbarazzo
digerito a fin di bene riorganizza umanità e di lei esigenze
sorda all'urlo
cozzando risorse al pianeta.
Rimane immmondo amplesso
tra tentativi deludenti alla scientifica bisogna
di maldestri chirurghi
(quasi tutti salvi)
nella conta del debito risolto in politica:
criminando sbrigativo processo
i vegliardi
in lustre casette ricusano la colpa
sottobraccio a fame di cimeli
si godono la pensione.
I vincitori non sono stati da meno.
Dopo mezzo secolo e un lustro
s'ingegnano in strumenti di tortura appositamente costruiti
(cospicua variante di modelli)
scientificamente garantendo sopravvivenza
salvo rari casi d'intolleranza.
Puttanelle incinte arrapate alla tortura
scattano souvenir si fanno la doccia
onorano padre e madre.
E non sono pazzi.
Silenzio d'incappucciato non meglio identificato
riavvolge dilemma:
se questo è un uomo.
Lago proibito
Tardiva esclamazione attenta al passo
d'accorato lamento
spaccia per crudele destino
esoso pedaggio
e s'accaparra scienza indigesta.
Amore potrebbe regolare il creato
confidato agli umani.
Umani sono anche inventori di morte
dapprima lenti poi audaci sgualcendo la crosta.
Sarebbe bello cogliere senza danno
l'immeritato frutto
a dismisura spregiato allevando
della stupidità l'amplesso.
Caino eterno giovinetto
anche al buio lavora accatasta
maldicenza sulla soglia del bene:
aggravando della materia il peso
a prosciugare levità di belle intenzioni
sconfitte
sul limitare del cosmo
visto da fuori.
Lo si ritrova quel bene frusto
sminuito da supplenze
ad una a una nominate
cercando colui
(devoto alla causa)
con troppa pompa sbandierando intese.
Per ordini superiori svanisce a ciuffi
l'esperta soluzione:
i sopravvissuti ragionano
sul lavoro d'ispettori avvistati
da lumicino al vento
allertando scalpiccio di soldati.
Senza ripensamento pasticciate acque
rocce atmosfera
accampano chirurgica passione.
Rimangono troppe sbavature.
Credere al canto sebbene
cortocircuito d'ore al soldo di secondi
nel tempo dei tempi
dove soltanto per minuzia di cronaca s'acclara
esistenza
di villaggi scuole focolari orti
inzuppati d'innaturali radiazioni:
untura scientifica scarica energia:
trent'anni di luce all'unisono dei tanti megatoni
nel cratere fattosi lago.
S'abbeverano le mandrie.
Dio Morte chiude l'occhio sballando energia:
l'ordine è cancellato dalla mappa genetica
Figli di quattrocentosessanta esplosioni segrete
nani ciechi sbilenchi mutilati
bevono il tè nell'acqua di sempre
i mostri mangiano del bosco i frutti
suonano il minuscolo strumento a quattro corde
mentre in lenta diluizione prosegue
malattia in appendice
a storica cautela
di capi rimasti alla larga lucrando morte.
Era stato dato ordine di indossare occhiali
da sole ma nella steppa kazaka
nessuno ne possedeva.
N.B. Nella città segreta di Kurchatov, in Kazakistan, neppure segnata sulle carte geografiche, si sono prodotte per anni armi nucleari. La giornalista italiana Marcella De Palma vi si è recata per un reportage ed ha accettato di bere il tè che le è stato offerto sorridendo temendo di offendere quelle ospitali popolazioni, pur sapendo che l'acqua era fortemente radioattiva. Marcella è poi prematuramente morta di un brutto male.
Fausta Squatriti