È un percorso non lineare quello che mi ha condotto ad esplorare ambiti diversi della scrittura e della creatività. Per chi ama scoprire anche ciò che non sta cercando, per chi ama spigolare seguendo il proprio istinto, qui c'è del materiale: riflessioni e contributi di arte, fotografia, video, poesie, comunicazione, geografia, personaggi…
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[1/12/1991]
Grazie e a presto, Mr. Freed
Al telefono con Leonard Freed
Le foto di Leonard Freed sono come frasi di un romanzo. Fra i suoi reportage sociali più famosi, le serie sui neri d'America, i poliziotti di New York e gli ebrei nel mondo. Freed è un uomo profondo, complesso. Ebreo di Brooklyn, è cresciuto negli ideali marxisti di suo padre, un working man. E un working man si definisce Leonard stesso.
Ora arriva in Italia con una mostra da non perdere, un'antologica che sarà dal 16 gennaio fino alla prima metà di marzo al Museo Alinari di Firenze, dopo il Festival del Reportage di Perpignan e la Fnac Metz. La mostra è accompagnata dal catalogo Fotografie 1954-1990 (edizioni Alinari), versione italiana dell'edizione americana.
Lei ha detto una volta: “Sono solo e semplicemente un fotografo.” Che cosa intende?
Mi piace l'idea di sentirmi perso nella folla, di sentirmi uno dei tanti, quando fotografo. Mio padre era uno che lavorava, non vedo perché dovrei pensare di essere qualcosa di più. Essere semplicemente un fotografo mi permette di essere me stesso. Non ho bisogno di fingere di essere qualcosa che non sono. L'uomo libero è quello che non ha bisogno di fingere.
Che significato ha per lei il libro e la mostra retrospettiva?
È sempre bello fare un nuovo libro, specialmente quando è stampato bene come questo. Però non penso al libro come una retrospettiva, ma come se fosse un romanzo e le foto parole. Come lo scrittore usa sempre le stesse parole, cioè lo stesso linguaggio, per costruire storie diverse, così io uso le foto. Mi sento libero di usare le foto che ho fatto in passato per rivederle in un contesto nuovo, per raccontare nuove storie. Una parola può avere vari significati, a seconda di come viene usata, e questo vale anche per le fotografie.
Cos'è per lei il concetto di verità in fotografia?
Tutto è interpretazione. Come potrebbe essere altrimenti? Che cos'è la verità? Noi la possiamo solo cercare, ma senza trovarla mai. Dio è verità, ma chi è Dio? In fotografia possiamo trovare la verità soltanto nella nostra mente. Verità è quando non mentiamo a noi stessi. Possiamo mentire agli altri, ma farlo con noi stessi significa essere falsi. C'è soltanto un caso un cui è concesso mentire a noi stessi, quando ci diciamo che non moriremo mai. Sappiamo che non è vero, ma ci aiuta a essere sani. Verità in fotografia? Che cosa vuol dire?
È importante per lei stabilire un contatto con la gente che fotografa?
Essere in contatto non significa per forza parlare. Ciò che conta è esserci. Essere nello stesso mondo, nello stesso paese, nella stessa città, nella stessa stanza con le persone, con le idee, con la stessa società. Ci sono momenti in cui è più importante guardare e ascoltare che fotografare. Occorre avere rispetto. Senza rispetto non siamo esseri umani.
Grazie e a presto, Mr. Freed.
Valentina Carmi
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