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È un percorso non lineare quello che mi ha condotto ad esplorare ambiti diversi della scrittura e della creatività. Per chi ama scoprire anche ciò che non sta cercando, per chi ama spigolare seguendo il proprio istinto, qui c'è del materiale: riflessioni e contributi di arte, fotografia, video, poesie, comunicazione, geografia, personaggi…

[1/12/1985]

Goffredo, Felice ed Ezechiele


Impossibile non amarli


Ezechiele si alzò di scatto, Felice trangugiò d'un fiato un litro di sciroppo alla menta e Goffredo tirò un sospiro di sollievo. L'atmosfera era umida.

Tutti e tre indossavano la stessa camicia viola, con la sola differenza che quella di Felice era azzurra e quella di Ezechiele verde.

Da circa una settimana aleggiava nell'aria un profumo di rose e nessuno sapeva perché. La stanza era molto grande e un'intera parete era costituita da una serie di vetrate che affacciavano sulla strada.

Se Goffredo fosse andato a quella festa avrebbe potuto agevolmente dedicarsi alla sua innata pigrizia e se Ezechiele non avesse dimenticato per ben due volte di chiudere il rubinetto della vasca da bagno forse Goffredo non si sarebbe buttato a capofitto in quella difficile impresa e Felice avrebbe dimenticato – almeno per un po' – la sua impertinenza. Ma tutto questo era poco importante.

Se non fosse successo un fatto strano. Proprio in quel momento, infatti, il cielo si oscurò, tingendosi di quelle tinte cupe e mozzafiato che di solito lasciano presagire un imminente temporale. Il più veccho dei tre, che aveva allora ventotto anni, uscì di casa precipatandosi giù per le scale. In un batter d'occhio si trovò in strada senza grilli per la testa. E pioveva abbondantemente.

Vorrei non dover raccontare cosa passò in quel momento per la mente del giovane, ma d'altra parte non devo e non potrei neppure, innanzitutto perché non ero lì con lui e poi perché, anche se ci fossi stata, come avrei potuto saperlo? Forse voi siete capaci di leggere nel pensiero degli altri?

In ogni caso, egli non si lasciò assolutamente intimidire dal grasso ebreo dalla barba corvina che gli passò accanto in gran fretta. Infatti lo spilungone, pur avendo visto che il timido semita portava al dito un'ametista, rimase immobile, impassibile, senza emettere alcun sibilo. Finalmente, dopo essersi grattato il braccio con impazienza, si incamminò verso il grande emporio della frutta.

I due amici che avevano assistito alla scena agghiacciante affacciati alla finestra, si guardarono e poi, più preoccupati che sorpresi, si diressero verso il telefono e il giovane senza scarpe compose il numero di Albertina. Il più era fatto. Ambedue si sentirono sollevati. Riagganciarono la cornetta, ritornarono sui loro passi e rimasero ad aspettare con trepidante felicità.

Improvvisamente si sentì aprire la porta. L'amico era lì, in piedi sull'uscio di casa, con i capelli bagnati e una sigaretta fra le labbra. Gli andarono incontro e tutti quanti si abbracciarono cantando e ridendo. Goffredo, Felice ed Ezechiele erano di nuovo insieme.

Passati pochi istanti Felice, dopo aver guardato di soppiatto il pappagallo addormentato sul davanzale di una delle vetrate, andò a distendersi sullo sgabello. Era di nuovo solo. Si stava facendo notte e le luci dell'alba erano molto vicine. L'estate stava per cominciare, la primavera era finita da un pezzo.

Si alzò, scese in soffitta e là prese dal baule quel lenzuolo di piqué che tanto gli ricordava le praterie intorno a Pechino. Poi, dopo aver preso un abbaglio circa il citofono rotto, prese appunti per l'indomani. Si preparò un bicchiere di whisky col miele e andò a dormire. Felice.


Valentina Carmi

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