[27/12/2011]
L´estetica del tutorial
Come si fa un magazine non inutile
Sei piccole idee di Self Help
ARTISTI. Bisogna ridere di tutto quello che dicono.
Tutti buffoni. Decantare il loro disinteresse.
Stupirsi del fatto che siano vestiti come gli altri (vecchio).
Donna artista non può essere che puttana Bas-bleu.
Guadagnano somme folli, ma gettano i soldi dalla finestra.
Quello che fanno non può dirsi “lavorare”.
Spesso invitati a pranzo.
Gustave Flaubert
1. Se devi fare una cosa, falla (ma chiediti se è utile).
Dovevamo fare un magazine e l'abbiamo fatto. ‘Se devi fare una cosa, falla' è una massima che mi è stata donata tanti anni fa' da uno dei miei maestri nel mestiere. È incredibile quanto una frase tautologica possa spronare e ispirare nella vita. Alle mie orecchie, ha il potere di imporporarsi a diversi gradi di temperatura (e di disperazione). Ti fa capire che una volta che hai appoggiato la testa sul ceppo, l'esito della storia è uno solo: andare fino in fondo e portare a compimento ciò che malauguratamente hai in animo di fare. Le frasette morali e i consigli di vita – queste stampelle dell'essere – sono sempre esistiti, dal galateo ai consigli per l'igiene. Su questa tradizione si è poi innestato il genere del Self Help di matrice anglogasassone. Quella è gente che ama il bricolage, ama fare con le mani, e un manuale di Self Help è come lavorare a mani nude sui propri casini e miserie. Non c'è nulla di più consolatorio di un libretto di istruzioni che ti dice cosa fare per collegare un elettrodomestico, montare una libreria billy, sedurre il tuo principe azzurro in sei semplici mosse o cercare di voler bene a quell'orrendo personaggio che ti ritrovi a essere. Questi insegnamenti in pillole, che una volta facevano sorridere noi europei e di cui oggi siamo diventati consumatori voraci (una variante dell'oroscopo, alla fine) sono strumenti generici, un succedaneo dell'autentico apprendimento, che passa quasi sempre attraverso la decantazione dell'errore in prima persona, dolorosa e travagliata. Nel nostro caso, ci siamo proposti una pubblicazione che pur nascendo in modo forzoso, dall'alto, riuscisse a superare la dimensione della mera autopromozione degli autori. Che insomma fosse di qualche utilità ai lettori. Non è difficile, basta per esempio porsi il problema di un contenuto minimo dovuto, in modo che chi legge si porti a casa qualche informazione nuova. Le cose più belle in arte (e in comunicazione), penso, nascono quando ci si sottrae all'ossessione del gusto e si risponde a un bisogno, espresso o inespresso che sia. O a più bisogni. L'arte (e la comunicazione) sono una pratica di utilità sociale. È una bellissima parola, utilità. Rimanda a una scelta (non è necessità, io sono libero di prendere una cosa se penso che mi sia utile), rimanda a utensile, rimanda a quella zona dello spirito in cui l'ansia dell'originalità si placa e si assapora invece il piacere di un incastro corretto. Se ci preoccupassimo dell'utilità delle nostre azioni, il mondo sarebbe meno incasinato (ecco, vedi, nessuno sfugge alla tentazione di diventare un guru da Self Help, cioè di avere la scusa di dire impunemente le ovvietà più ovvie, con un compiacimento sulle labbra à la Harpo Marx. Cioè, sapendo che si sta dicendo una cosa banale ma sapendo anche che una parte di noi ha bisogno di cose banali, come i buoni sentimenti, le frasi dei baci Perugina, il primo sorso di birra d'estate e quell'incredibile mito evergreen che sono le soluzioni semplici. D'altronde, conosci qualcuno che ha bisogno di soluzioni complicate?). Dovevamo fare un magazine e l'abbiamo fatto.
2. Se vuoi avere successo, scegli un format.
Il format è il sacro Graal dell'industria della comunicazione e dell'entertainment. Sta ai media come il best seller sta all'editoria: nemmeno il direttore editoriale più navigato ed esperto sa spiegare al junior editor (o alle banche) quali siano gli ingredienti del successo. Impossibile. La ricerca del format vincente è estenuante ed è una scienza strutturalmente inesatta, con tutte le frustrazioni del caso. Il film Quinto potere di Sidney Lumet (‘Network' è il titolo originale, 1976) apre uno squarcio sull'inseguimento degli indici di ascolto, la pressione è forte, basta un passo per oltrepassare la linea del lecito… Il giornalista al tramonto che scivola nella follia e diventa un predicatore (da noi lo abbiamo visto incarnato, con una debita patina di avanspettacolo, in Gianfranco Funari) ha avuto successo perché è riuscito ad andare in risonanza con il suo pubblico, o meglio, con la pancia del suo pubblico. Lui chiede agli spettatori di andare alla finestra, di aprirla e di gridare nella notte la celebre frase I'm as mad as hell, and I'm not going to take this anymore (‘Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più.'). È una piccola rivoluzione, la nascita della televisione interattiva. Il pubblico a casa si scalda, si ‘accende', si sente coinvolto e va alla finestra (senza accorgersi di essere una marionetta, ma questo è un altro problema). Per noi, sposare la logica del format, ha significato creare un gioco di specchi che desse ordine e fluidità. Ci siamo divertiti, nel poco tempo a disposizione, a far emergere il format giusto durante una specie di torneo. Grande è stata la soddisfazione nel vedere il format suggerito da me superato da uno proposto dagli studenti.
3. Se non sai come si fa, guarda chi l'ha già fatto (ma non troppo).
Se vogliamo andare all'osso, il tutorial è un processo guidato all'apprendimento senza fare fatica. Può essere somministrato dall'alto, dalle imprese e dalle organizzazioni, ma anche dal basso. In questo caso fa propri gli stilemi e il brio delle comunità dedite a forme molto specializzate di autoproduzione, che talvolta si pongono in modo antagonista al mercato. Da tempo su youtube sono popolari brevi clip di persone che ti spiegano in pochi passaggi, mostrandoti soprattutto a gesti come si fa a… Due studenti ti spiegano come vedere la tivù digitale senza decoder accrocchiando un cellulare, un cavo di antenna, un telefonino, una patata e una stagnola che la avvolge come un caramellone… Una modella russa ti mostra come indossare la camicia oversize del tuo ex in tanti modi diversi: maglietta, vestito, gonna… Molti fanno vedere sperimenti più o meno folli, mi ricordo quei due in camice bianco che facevano fuochi d'artificio mischiando Coca Cola e Menthos... Aleggia, nei clip, un'aria furba che incrocia risparmio inventiva abilità sostenibilità e ironia, una chiamata alla complicità del pubblico (“Ehi, amico, hai visto, anche questa volta siamo riusciti a mandare un piccolo, grande siluro su per il culo al capitalismo.”). Ora, il tutorial è diventato un linguaggio, con le sue grammatiche, le sue infinite applicazioni (ci sono anche portali dedicati solo a tutorial), le sue star e la sua ironia dentro l'ironia. Il tutorial su youtube è il corrispettivo dei pittogrammi nel graphic design: un linguaggio di base, diretto, condiviso ed espandibile all'infinito, con scarsi margini di ambiguità. Il rovescio della medaglia è che il tutorial fa sembrare tutto facile e diffonde una forma di sottosapere popolare. Noi comunque l'abbiamo preso e ci abbiamo fatto un format.
4. Se non sai perché, non importa (nella maggior parte dei casi).
Questa massima è una variante della prima. Le motivazioni, le regole, gli orizzonti si strutturano via via che procedi nel tuo lavoro. Non cadere nel dubbio dei millepiedi che si chiede se il primo passo lo devono fare le 500 zampette di sinistra o quelle di destra… Certe volte l'utilità è anche rivolta a una sola persona, per esempio te stesso, le tue passioni pervicaci, le tue sconfinate ambizioni… Certe volte è sufficiente.
5. Un bicchiere di te in un mare di talenti (passa sopra l'invidia con le ruote se non vuoi fare la fine di Salieri).
L'invidia è sana e insopprimibile, reprimerla serve solo a rinfocolarla. Perciò va accettata ma ingabbiata in uno schema più ampio e sociale. Fra le varie tendenze evolutive che squassano il sistema dell'arte contemporanea, ce n'è una che mi pare evidente: l'arte assomiglia sempre di più al cinema, cioè a un'arte collettiva, in cui le varie figure progettuali, economiche e tecniche concorrono al risultato. Arte è cooperare, oltre che competere. Alla parola talento bisognerebbe sempre far seguire ‘per'. Il mondo è un mare di talenti, e c'è tutto il talento che mi serve per realizzare il mio progetto. Scegli tu, se vuoi restare confinato all'angolo come Salieri, ricolmo di gelosia e autocommiserazione di fronte all'enigma del genio, capace solo di spargere veleno, o se invece vuoi librarti come un gabbiano irriverente e affamato di gioia alle altezze di Mozart, giocando col tuo talento e quello degli altri.
6. Se non sei sicuro di essere intelligente, fai finta di esserlo e leggi tanti libri.
Questa è una frase non tanto intelligente, visto che è difficile mettersi d'accordo sul significato di ‘persona intelligente'. In ogni caso, oltre a lavorare sul format, sui testi e sul progetto visivo, abbiamo letto dei libri che potessero far vibrare il nostro lavoro, come in quell'esperimento in cui si dispongono i chicchi di riso sul tamburo, e si vede che i battiti li fanno andare in risonanza disponendoli in forme ondose bellissime e simmetriche: il gioco delle coincidenze intellettuali. Siccome i maestri che incontriamo nella vita non sono molti, e qualche volta sono molto occupati, allora dobbiamo rivolgere la nostra sete di sapere a quei seducentissimi oggetti tutoriali chiamati libri. Ecco l'elenco dei titoli, ciascuno degli autori di questo magazine ne ha letto uno, spero con profitto.
Zygmunt Bauman, Vita liquida, Bari 2006
Per stomaci forti. Dà un'interpretazione impietosa dell'impatto dei processi economici, sociali e tecnologici contemporanei sulle nostre vite. Per quanto molte delle cose che leggi le sai già, nero su bianco fa un certo effetto. Ci trovi espressioni tipo “ sottoproletariato dello spirito”, “ciò che conta è la velocità, non la durata”, “la società dei consumi riesce a rendere permanente la non-soddisfazione”, “le relazioni si stanno trasformando nella fonte principale, apparentemente inesauribile, di ambiguità e di ansia” e infine “Qualsiasi scelta si faccia, i problemi si accumulano.” Il titolo è diventato un'espressione idiomatica.
John Berger, Sul guardare, Milano 2003
Una scrittura che è un coltello, il mondo diventa burro da spalmare. I primi due saggi Perché guardare gli animali? (1977) e L'abito e il fotografo (1979) dedicato d August Sander insegnano a esercitare uno sguardo attivo, prensile, non assuefatto. In un certo senso, ogni fotografia è un file compresso che il nostro occhio deve decomprimere se vuole accedere alla ricchezza del reticolo di significati.
Gustave Flaubert, Dizionario dei luoghi comuni, Milano 1989
La mia citazione preferita è quella che ho inserito in epigrafe. Questo divertissement, a cui Flaubert dedicò motlo tempo e che fu l'embrione di un progetto non realizzato, ha a che vedere con il catalogo della stupidità umana, nella scia del romanzo Bouvard e Pécuchet. La fune su cui avanza è un labirinto borgesiano orizzontale perché a ogni passo ciò che sembra stupido, date le circostanze sociali, diventa intelligente, e a quello successivo di nuovo stupido, e poi di nuovo intelligente… La mondanità ha il potere di trasformare la vita in mode crudeli. Risultato: non distingui più ciò che è sostanza da ciò che è effimero. In questo caso Flaubert ricorda quei personaggi che ogni tanto finiscono sul giornale perché si sono presentati armati e cammuffati da Bin Laden alla scaletta dell'aereo, eludendo tutti i controlli, per mostrare al mondo quanto questi stessi controlli facciano acqua.
Hans Georg Gadamer, Lettura, scrittura e partecipazione, Ancona 2007
È il libro più squisitamente teorico e difficile della nostra bibliografia, e infatti non l'ha letto nessuno. Uno sbaglio inserirlo ☺.
Brooks Jackson e Kathleen Hall Jamieson, Non facciamoci fregare - Come trovare i fatti nell'era della disinformazione, Milano 2007
Basterebbe una frase come “Noi esseri umani abbiamo una tendenza a trarre una generalizzazione eccessiva dagli esempi che ci colpiscono” per riflettere a lungo. Frase che fa il paio con “I manipolatori sono consapevoli della tendenza degli esseri umani a pensare per stereotipi, e la sfruttano” (che è una citazione a sua volta di Walter Lippman del 1922). Il volume è in perfetta sintonia con l'atmosfera del magazine: storie, esempi, box di approfondimento. Il libro si struttura intorno a un decalogo, la cui ultima prescrizione è ‘Siate scettici, non cinici.” Gli autori sono due giornalisti che hanno conosciuto dall'interno il mondo dei media USA. Ciò che succede in America oggi è ciò che succederà da noi domani, in mattinata o nel primo pomeriggio.
David Mamet, I tre usi del coltello - Saggi e lezioni sul cinema, Roma 2002
Fonte di ispirazione generosa e sfaccettata, per qualcuno libro di culto. Spiccano 50 pagine di trascrizione del dialogo fra Mamet (attore, drammaturgo, sceneggiatore de Il postino suona sempre due volte, Gli intoccabili e Hannibal) e i suoi studenti durante un ciclo di lezioni tenute alla Columbia University nel 1987. È maieutica allo stato puro, la dimostrazione di come scrivere la scena di un film senza incappare nei cliché sia più difficile che attraversare un campo minato.
Mario Perniola, Contro la comunicazione, Torino 2004
Imprescindibile per chi voglia riflettere seriamente intorno al sistema della comunicazione sul piano filosofico ed estetico. Non bisogna temerne il tiro ad alzo zero (Perniola parla di ‘parassitismo'!), una critica radicale al sistema può essere molto stimolante anche per chi non condivide il pessimismo post-atomico dell'autore e si appresta a fare della comunicazione il proprio mestiere. Dovremo pure, prima o poi, fondare un'ecologia della comunicazione.
Gio Ponti, Amate l'architettura, Genova 1957 - Milano 2004
Nei giorni in cui riesco ad amare il mestiere che faccio, la metafora più confortevole per definirlo è quella dell'architetto. Ponti ha percorso una parabola-simbolo del Novecento, da decoratore per le case di borghesi a teorico e costruttore di grattacieli. È stato il campione di un'Italia che produceva un gusto internazionale e aveva il carisma per esportarlo in giro per il mondo. In questo volume, stampato su carte colorate a seconda dei capitoli, è anche poetico e fine scrittore. È il livre de chevet che non deve mancare sul comodino di chi vuole fare progetti che durino nel tempo.
Eugenio Alberti Schatz
P.S. Mentre stiamo andando in stampa, è uscito l'ultimo numero di Colors dedicato ai mezzi di trasporto e alla mobilità. Anche loro hanno scelto il format del tutorial, anche loro giocano con la semantica del libretto di istruzioni e con titoli che iniziano ossessivamente con ‘Come…'. Siccome ci rifiutiamo di pensare che qualcuno dei nostri studenti abbia fatto il doppio gioco o che ci sia stata una fuga di creatività gestita dai servizi segreti di una potenza straniera, ci limitiamo a darvene notizia, senza però astenerci da un sorriso compiaciuto: loro sono ormai un'istituzione celebrata, noi un manipolo di brancaleoni, arguti però.
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