[1/10/1996]
Dieci racconti al caffè
1. Il signore della gru
C'è un signore che viene al bar.
Un caffè. Ho lasciato fuori la gru.
Buon giorno. Lungo o stretto?
Corretto.
Ecco il caffè corretto per il signore che lasciato fuori la gru. Zucchero di canna?
Un goccio di latte.
Lei è un gruista?
Sì.
Abilitato?
Ma le pare che andrei in giro così...
Anche mio figlio sogna di fare il gruista, adesso va alle medie. Lei che scuole ha fatto?
Sono laureato in biologia.
Ah...
Poi sono andato in America per un master sulle gru.
Quanto dura una gru?
Dipende dalle condizioni di vita.
E ci sono dei pericoli nel suo mestiere?
Bisogna sempre fare la guerra agli amministratori dello zoo. Sa perché si chiamano gru? perché fanno gru, gru'. Ma ora mi scusi, non posso lasciare incustodita troppo a lungo la gru. Grazie e arrivederci.
(L'insegna del bar: Caffè Portogruaro'.)
2. Il signore delle uova
C'è un signore che viene al bar.
Un uovo d'oro alla cocque, grazie!
Maria, hai sentito, un ovetto fresco fresco per il signore. Come lo vuole cotto?
Se fosse una bistecca direi al sangue.
Il barista serve l'uovo d'oro. Il signore lo ingoia tutto intero e per esprimere gradimento butta fuori un ruttino d'oro.
Mi perdoni la curiosità, lei mangia anche la buccia?
Ho letto sul giornale che ci sono molte vitamine.
Ma se non toglie il guscio, l'oro non può essere digerito...
Si figuri lei... Guardi, quando ero in prigionia ho mangiato anche uova di ghisa, uova di carbonio, uova di malachite... Ecco, le uova mi piacciono come concetto.
Ah...
Anche il pane è un concetto. Lavoro per guadagnarmi il pane', si dice, ma il pane è una cosa diversa per ciascuno di noi.
Ne vuole un altro?
No grazie. Quant'è?
(Sullo scontrino: Lire trentasettemilioniottocentonovemila.)
3. Il signor napoleone
C'è un signore che viene al bar.
Buongiorno. Un cafferino.
Buongiorno a lei. A quest'ora ci vuole proprio un bel caffè...
- Mi fa un regalo, mi mette un cucchiaino di zucchero e me lo mescola lei? perché io, vede... non posso usare la destra. (Infatti, è nascosta nella giubba.)
E la sinistra?
Non ce l'ho più, l'ho persa in battaglia contro gli inglesi.
Non c'è problema. Ecco fatto.
Mmmh. Buono, ci voleva proprio.
Sono millecento.
Ma come, non offre un caffè a napoleone in persona?
Sì, e io sono il duca di Wellington. Millecento, grazie.
Abbia pazienza, il portafoglio è nella tasca di sinistra, e io anche se volessi tirar fuori la mano sana non ci arriverei. Arrivederci.
Mavaffanculo.
Sa cosa diceva napoleone?
No.
Il coraggio è l'unica qualità che non si può simulare.
(Il bar è un punto di ristoro privato all'interno del Paolo Pini.)
4. Il signor rapinatore
C'è un signore che viene al bar.
Un caffè, oste della malora.
Ma come si permette.
Su le mani, nini, su su, bene in vista. Ecco da bravo, apri la cassa e non fare scherzi, che se no la mia piccola belva qui si schiarisce la gola di bel mattino. Anzi, sai che ti dico, siccome sono di buon umore... Bang e uno. Bang e due.
Cazzo, mi ha perforato le mani... ah, svengo.
No, prima voglio i soldi.
(Piangendo) Ma sono le sei e mezza del mattino...
Va bé, mi sento buono. Almeno fammi il caffè.
Lei è un mostro, signor rapinatore.
Appunto. Lungo e con una macchia di panna. E non ci fare colare dentro il tuo sangue di messicano frocio.
(Il barista estrae dalla cassetta sotto la macchina con i fondi del caffè un piccolo bazooka compatto e spara in fronte al rapinatore.)
Che paura...
(Sul set di Pulp Fiction II'.)
5. Le due gemelle
Ci sono due gemelle anziane che vengono al bar.
Un caffè, grazie.
Un caffè, grazie.
Bene, due caffè per le belle signore.
No, guardi che ho detto un caffè.
Senta, a me ne basta uno di caffè, non capisco perché ne vuole fare due.
Ma non siete insieme?
No.
No.
Ho capito, un caffè per la signora e un caffè per la signora.
Grazie. Senta, dica a quella lì di smetterla di seguirmi, io la odio. Non la reggo, più. Mi capisce, è una vita che andiamo avanti così. È uno scandalo.
Non la stia a sentire, non le dia retta. Quella non fa altro che spernacchiare tutto il dì, come una gallina quacchera, qua qua qua...
Si immagini lei, di alzarsi al mattino e di avere questa palla al piede. Uno pensa di essere libero e invece no, inizia il tormento.
Riesce almeno per un attimo ad essere nei miei panni, sentire tutto il giorno una lagna meccanica con la pila atomica.
Ma proprio non riuscite ad andare d'accordo?
Con quella vampira?
Con quel bruco?
Andiamo, signore mie, il mio zio buonanima diceva sempre: Non c'è nulla di peggio di una coppia che litiga. Cosa vi costa fare la pace?
Una fortuna.
Non ne vale la pena.
(Le due gemelle non si parlano da venticinque anni perché hanno litigato per una faccenda di eredità.)
6. Il signor agente segreto
C'è signore che viene al bar. Ha i raiban scuri.
Un cappuccino italiano, grazie. Che bella l'Italia, è un posto meraviglioso. Sa, tutti gli anni veniamo con la mia donna a fare un viaggio di qualche settimana in Italia, Meg ha molti amici dai tempi del sessantotto, quando veniva qui per studiare. E così a Milano ha tutto un giro di amici pacifisti, mentre a Roma ci ospitano le femministe-lesbiche. Che donna stupenda, Meg. Si è occupata di women studies, oggi è vice caporedattore del New York Literature Magazine. Vuole sapere come ci siamo messi assieme? Io facevo il poliziotto nell'antidroga, ho fatto inchieste di grosso calibro. Ero un agente che si infiltrava. Sono arrivato al cuore marcio del sistema, e io sono un uomo di principi, ho cominciato a vacillare. Lei non si immagina nemmeno le coperture che avevano i trafficanti. Poi mi hanno infiltrato in un'organizzazione di sinistra. E lì sono crollato, ho cominciato a seguire con il cuore le idee dei gruppi che dovevo controllare. Sono diventato uno di loro. Appena l'ho capito, ho restituito il distintivo. Poi ho incontrato Meg, era sposata con Jeff, un professore del MIT, un genio di matematica, che l'amava molto. Anche lei. Era l'opposto di me, mingherlino, con la faccia di un carciofo ebreo e gli occhiali di Woody Allen. Meg ha lasciato i figli e il marito per venire via con me, è ricca e mi ha aiutato. Io anche ho lasciato mia moglie, era un storia troppo forte. Io e Jeff siamo diventati amici. Oggi insegno criminologia ai poliziotti di New York e siamo felici. Ecco i soldi, grazie e arrivederci.
(Agli americani piace raccontare la storia della propria vita in 100 secondi.)
7. La signora viaggiatrice
C'è una signora che viene al bar.
Un po' d'acqua bollente, grazie.
In tazza o in bicchiere?
In tazza, per favore. Ci metto un mezzo cucchiaino di nescafé. Lei è molto gentile, non sa quante litigate mi è toccato fare per avere un po' di acqua calda al bar.
Ad Atene si trova di tutto, baristi buoni e baristi e meno buoni. Così è la vita di una grande capitale.
Vengo da Praga, sono sposata con un ingegnere capo della skoda. Ogni primavera ci mettiamo in macchina e veniamo a fare un giro in Grecia, lo facciamo da vent'anni, non stiamo mai via più di due settimane. Mia nonna mi ha insegnato la virtù dell'economia, ed è per questo che non compriamo mai nulla da bere o da mangiare per strada. Carichiamo il bagagliaio con scatole di carne fagioli frutta sciroppata sardine del Baltico; e salame ungherese vodka zucchero e sale cetrioli in salamoia, ma anche prodotti freschi mele pomodori, polpette ali di pollo bollite e pane fatto in casa da me. Ho messo a punto un metodo perfetto, lungo la strada stabiliamo dei punti e lì, vicino al ciglio della strada facciamo una buca e seppelliamo una piccola scorta per il ritorno. Anche il pane rimane fresco, basta fasciarlo stretto stretto in una garza medica. Così non dobbiamo spendere in giro i nostri soldi per queste sciocchezze. Un anno a Salonicco ci hanno rubato la vanga dalla macchina, e allora abbiamo usato la leva del crick...
Averne di clienti come lei, signora.
(I céchi vengono dall'est, ma sono molto diversi dai russi.)
8. Il signore della finanza
C'è un signore che viene al bar.
Un caffè.
Eccola servita.
Non mi dà lo scontrino?
Basta parlare.
Il DPR *** del 19** non mi pare dica che bisogna richiederlo espressamente.
Uhé, non sarà mica della finanza, eh?
Adesso non si può più chiedere uno scontrino che ti prendono subito per uno della finanza.
Ffiuhh, mi ha fatto venire un bello spavento. Io vivo nell'incubo della finanza. Mi fanno terrore quei porci, è più forte di me. Se ne avessi uno fra le mani gli spappolerei la testa come un caco. Sono peggio dei cacciatori d'organi. Mi sveglio al mattino e mi sento un grande spadone medievale sospeso proprio su di me, appeso alla bava di un ragno. Ma perché, dico io, i nostri ministri non pensano anche alla psiche della gente? Guardi qua che occhiaie, non riesco più a fare l'amore, a occuparmi dei miei figli. Sono qui e li aspetto.
Non avrà qualcosa da nascondere, forse?
Ma cosa vuole nascondere, a quelle talpe biforcute, oggi ti entrano nella cassa da internet e ti succhiano tutte le informazioni, quanti caffè corretti e quanti americani, sanno quanti stimoli urinari hai nel corso della giornata, quanti starnuti, quanti pruriti. Quante erezioni. E anche le piattole ti contano.
Non esageriamo, non siamo così avanti. (Voltandosi.) Forza ragazzi, entrate, che a questo qui adesso gli facciamo la festa. E lei, signore, favorisca i libri.
(Gli incubi peggiori si avverano sempre.)
9. Il signore svizzero
C'è un giovane signore che viene al bar. Il giovane è vestito in alta uniforme da SS, nera come l'abisso. Una mamma con il bambino finisce la consumazione in fretta, mostrando segni d'inquietudine.
Un caffè, bitte. Proprio una bella giornata. Mi sento un po' strano, ma tutto sommato a mio agio, mi piace quando gli altri mi guardano. Ero in métro e sentivo su di me gli sguardi delle persone, soprattutto dei vecchi. Sta a vedere che qualcuno degli anziani, magari di quelli che ha vissuto la guerra avrà pensato: Sono tornati. Qualche faccia strana, impaurita, l'ho vista.
Ma lei è matto. Lo sa che se trovava qualcuno di sinistra si prendeva un fracco di legnate.
Non ci ho pensato, non ho pensato alle implicazioni politiche. Ho il gusto del travestimento e questa mattina sono andato alla fiera di Senigaglia. C'era questa magnifica divisa. Non ho resistito: l'ho comprata senza nemmeno contrattare. Sono andato a casa e ho avuto un impulso fortissimo a indossarla. Allora l'ho provata, mi andava perfetta. E sono uscito.
Che lavoro fa?
Lavoro tutte le sere in un locale, ho un numero di spogliarello. Ho imparato questo mestiere in Svizzera, mentre lavoravo in un supermarket di giorno. Milano è proprio una bella città, una gran bella città.
(Certe volte basta un abito per causare un corto circuito spazio-temporale.)
10. Il signore dell'apocalisse
C'è una signore anziano che viene al bar. Ha un tremore incontrollabile alle mani.
Tre caffè, grazie.
Li vuole tutti insieme?
Grazie, il problema è che di ogni tazzina riesco sì e no a berne un terzo. Il resto si rovescia fuori a causa del mio male, così devo ordinare tre caffè per riuscirne a bere uno intero.
Che cos'ha?
Io tremo, tremo al cospetto di Dio.
Ma questa non è una malattia.
Tutte le sere, prima di addormentarmi, appoggio le mani contro gli occhi e guardo nelle macchie di fosfene che navigano tranquille. Vedo cose terribili, vedo l'apocalisse. C'è di che tremare...
Per esempio.
L'agnello delle sette corna, i 24 vecchi biancovestiti, il sole nero, le locuste dalle fauci mostruose, la Bestia furente, la vendemmia dell'Angelo Vendicatore armato di falce acuta, i tre spiriti impuri, la grande Babilonia e la Grande Meretrice.
Ma la Nuova Gerusalemme non la vede mai?
No.
Allora è messo proprio male.
(Il povero signore è affetto dalla sindrome di Creutzfeld-Jacob, un'infezione da virus lento che si trasmette dagli animali agli uomini attraverso il consumo di carni infette. La malattia colpiva 1-3 persone ogni milione. Presso gli ebrei libici la cifra arrivava a 30 ogni milione. Ma questo prima della mucca pazza. Il morbo procura violenti tremori in tutto il corpo, portando a morte sicura in relativamente poco tempo.)
Eugenio Alberti Schatz
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