[10/1/1997]
Dominique Laugé
La teoria delle teste comunicanti di Dominique Laugé
Faccia a faccia con una certa Milano
Collezionare fotografie è collezionare il mondo. Susan Sontag
[uno]anima urbi
Per distendere la mente, provate a costruire una città ideale. Incominciate a tracciare il reticolo delle fogne e delle catacombe (il tubo digerente), aggiungete un depuratore, un inceneritore, qualche cassonetto e gli svincoli dell'autostrada (denti e gengive). Poi disegnate i grandi assi viari (le ossa) e il reticolo delle stradine medievali (le articolazioni). Non dimenticatevi delle automobili, pubbliche e private (globuli bianchi, globuli rossi). Metteteci le case, gli appartamenti, le facciate e i grattacieli (pelle, chiome e lentiggini). Se non siete già stanchi, dedicatevi a banche, chiese e grattacieli (i muscoli), ai mestieri (gli enzimi), ai poster pubblicitari (i vestiti), ai musei (la memoria), alle luci ai semafori (i bioritmi) e agli altri accessori anatomici della fisiologia urbana: palestre, asili, cinema, scuole e prigioni. Spalmate un po' di folla con diverse tonalità di stili di vita, e avrete edificato la vostra prima città ideale. Sicuri di non aver dimenticato nulla?
L'anima, per Dio. L'afflato dello spirito che può distinguere un conglomerato urbano inerte, alla fine o all'inizio del suo ciclo storico-biologico, da una città vera e propria, terribilmente vitale e radiosa, che trascina e influenza le altre città. Anche le città nascono, crescono e muoiono dopo una lunga vecchiaia (muoiono dentro). Anche le città debbono avere un'anima.
Ebbene, l'anima alberga nei volti dei suoi abitanti e fotografare i volti di una città è fare come quei ricercatori – naturalmente americani – che si sono ostinati a determinare in via sperimentale il peso dell'anima al momento del decesso (chi dice 2-3 grammi, chi dice meno, per amor di simmetria noi diciamo 1 grammo). Un compito impossibile ma utile. Nella collezione di superfici maxillo-facciali che ne risulta, si ritrovano le geografie dell'anima di una città perché, come dice Laugé, il corpo è l'unico mezzo che ha l'anima per esprimersi di fronte ad un obiettivo fotografico.
Lo stesso Laugé indica però una categoria particolarmente reattiva, una specie batteriologica che prospera nel tessuto urbano e che ha sviluppato una precisa capacità chimica di rivelare l'anima del mondo circostante, oltre che la propria: gli artisti. “Gli artisti hanno la capacità di rivelare il mondo, e poi di cambiarlo”, sostiene con convinzione Laugé, il cacciatore di teste urbane.
Dominque Laugé ha iniziato così un lungo lavoro di catalogazione di volti d'artista e di personaggi legati all'ambiente dell'arte, prima a Ginevra e poi a Milano. È un lavoro lento, senza ambizioni dichiarate e senza gorgheggi di maniera – una documentazione entomologica.“Quando fotografo una persona, esploro una superficie”. L'effetto è una visione nel segno della naturalezza, del non-costruito, in una dimensione diretta ed esploratrice che consente di leggere dal vivo il marchio impresso in ogni personalità. Ogni ritratto crea un personaggio vivido, e qui sta l'acume di chi ha scelto l'inquadratura e plasmato l'atmosfera del set, di chi ha saputo costruire una relazione umana con il soggetto dentro e fuori da questo set. Ma su questo non vale spendere parole. Quanto invece interessa ricostruire l'espressione che collega con mille fili invisibili i volti in bianco e nero trafitti da una frazione di secondo. Lo sguardo collettivo.
Noi ci troviamo in missione: siamo chiamati a formare la terra. Novalis
[due] cartoline dal capoluogo
Una certa tenacia lombarda. Una certa ironia strisciante tipica della nostra città. Un sapore di trattorie fumose e abiti fuori moda. Un certo rispetto verso il mondo della produzione e una certa spiritualità concreta, non ostentata. Una certa ruvidezza di carattere, tipica del solitario. Una certa laboriosità, una certa attitudine alla ricerca, una certa passione per il proprio lavoro, impermeabile ad ogni altra cosa anche quando non si sa dove porti. Una certa pazienza d'aspettare il proprio momento e il tramonto delle mode, un certo essere schivi pur rimanendo ambiziosi. Una certa profondità e generosità d'animo.
Questa città deve pur esprimere ancora qualcosa di buono se molti degli artisti ritratti da Laugé hanno un'aria milanese senza esserci nati. “Milano non esiste, esistono i milanesi”, conferma Laugé, nato a La Rochelle.
Ognuno di questi volti racconta una storia milanese, di passione religiosa e di ricerca tecnologica, di curiosità intellettuali sempre nuove, di amori e amicizie senza fine. Sono volti che dispensano consistenza (la consistency di Italo Calvino), cui è facile cucire addosso un romanzo, una vicenda eroica.
Il coraggio è l'unica virtù che non si può simulare. Napoleone
[tre] annotazione sull'eroismo d'artista
Guardando le teste parlanti di Laugé, non è difficile stabilire una relazione con le sorgenti più nobili del ritratto europeo: i volti dei nostri antenati rappresentati da Hans Holbein, Gianbattista Moroni e Antonello da Messina (occhi saponosi o magnetici, ma sempre intensi e portatori di verità). Ossia con una ricerca sulla spiritualità nel quotidiano più che sulla cifra politica. Quanto distanti restano in fondo i ritratti d'artista dell'età Romantica con il capo girato di tre quarti e tutta la prosopopea che ne consegue di cui non ci siamo ancora del tutto liberati.
Ma viene da lanciare anche una corda più indietro, sino ai busti di epoca greca e romana. Busto scultoreo e ritratto in bianco e nero: l'acromia favorisce una concentrazione sull'atto psicologico e si presta perfettamente a cogliere la direzione mentale di uno sguardo. Pensiamo ai tratti nervosi di Lisippo, lo scultore della corte di Alessandro Magno, il bronzista di genio che iniziò la tradizione del ritratto scultoreo ellenistico. Firmò ritratti aulici, ma molti furono un'interpretazione originale e attuale del modello eroico. (Non a caso Lisippo non ebbe maestri, essendo un autodidatta, e per questo fu un rivoluzionario.)
E non a caso, mentre nasceva lo stilema plastico dell'eroe, nell'ambiente letterario acceso dalla figura di Alessandro nasceva anche la forma del romanzo (Il romanzo d'Alessandro). Romanzo e ritratto eroico, un connubio da esplorare: l'eroe è colui che ha storie di vita da raccontare, colui che può essere un metro di paragone per gli altri, colui che ha viaggiato, fondato città e combattutto guerre nel nome e per conto di altri: i suoi futuri lettori. Quelli che sono rimasti a casa.
Ecco, gli artisti sono le figure dei nuovi eroi nella città. E dietro ogni volto si cela un romanzo.
Eugenio Alberti Schatz
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