[23/11/1993]
Un fotografo siciliano a Stoccolma
La memoria di Ferdinando Scianna
Affascinato dalla parola che conosce e usa come chi della parola fa il suo mestiere, Ferdinando Scianna ha scelto la fotografia. O forse è stata la fotografia a scegliere Ferdinando Scianna. Ha detto una volta in un'intervista: “Com'è che mi è venuto in mente di fare il fotografo? Non lo so, non l'ho mai saputo.” Nella vita il caso può giocare un ruolo molto importante.
Scianna ha sempre avuto il potente desiderio, ma soprattutto la grande capacità, di comunicare. A fotografare ha cominciato prestissimo, da ragazzo, spinto dall'impegno politico e dagli ideali letterari, dai miti fotografici. Oggi l'impegno politico, meno manicheista di un tempo, è qualcosa di più difficilmente definibile. Per Scianna corrisponde essenzialmente al porsi delle domande, al mettere in discussione le cose e se stesso, al non dare nulla per scontato, ad avere il coraggio di rimanere nel dubbio e, in questo modo, crearsi una propria etica. Un'etica fotografica che è poi anche esistenziale.
Qualcuno lo ha definito un fotografo letterato. Suona un po' strano, quasi riduttivo, come se essere fotografo non bastasse in sé. Ma non è così. Per lui fotografia e letteratura sono sempre state legate. Parole e immagini. Da sole o insieme, sono due mezzi diversi con simili caratteristiche e scopi, con un simile linguaggio. A trent'anni Scianna ha sfidato il mondo della comunicazione: spostando il nucleo del suo lavoro dalla fotografia alla scrittura, diventò giornalista per L'Europeo, corrispondente da Parigi (dove visse per diversi anni). E questa presa di posizione politica, questo atto rischioso, alla fine (anzi, fin dall'inizio) si dimostrò vincente.
“Vorrei dire una cosa apparentemente paradossale: penso di essere stato influenzato molto più dalle esperienze sociali, politiche, dalla letteratura specialmente, che dalle esperienze visive.” Queste parole sono tratte da una bellissima intervista a cura di Attilio Colombo che troviamo in Le forme del caos. Il volume, edito nel 1989, raccoglie alcune delle fotografie più emozionanti di Scianna, dall'Etiopia alla Bolivia, dai malati di Aids alle bressoniane immagini di Parigi, dalla Sicilia alla moda. Immagini in cui convivono con discrezione e intelligenza la tragedia e l'ironia, il divertimento e la crudezza, l'amore e gli Stati Uniti, i valori etici e la sensibilità estetica.
La letteratura, insomma, per Scianna, è una strada parallela che paradossalmente interseca quella della fotografia. Sentirlo parlare è come consultare un saggio (“Quando vengo a cena da te mi viene voglia di prendere appunti” ho sentito dire una sera con tono semiserio da un suo ospite) ed è anche come leggere un racconto, un pezzo di teatro, come rivivere un film con la regia di Eisenstein e qualche intervento di Totò. Leggendo i suoi scritti pubblicati qua e là ci si domanda perché non si decida finalmente a scrivere un libro.
Il libro. Gira e rigira, si torna sempre al libro. Oggetto del desiderio, fonte di piacere, conoscenza, libertà. Contenitore privilegiato delle fotografie di Scianna. Le immagini della Sicilia esposte in questa mostra provengono da lavori fotografici raccolti in due libri importanti: Feste religiose in Sicilia e I Siciliani. Il primo fu pubblicato nel 1965, con un testo di Leonardo Sciascia. Leggiamo dal testo di Sciascia: “Ma una festa religiosa, che cos'è una festa religiosa in Sicilia? Sarebbe facile rispondere che è tutto, tranne che una festa religiosa (...) È innanzitutto una esplosione esistenziale (...) Poiché è soltanto nella festa che il siciliano esce dalla sua condizione di uomo solo, che è poi la condizione del suo vigile e doloroso super-io (stiamo con approssimazione impiegando i termini della psicoanalisi), per ritrovarsi parte di un ceto, di una classe, di una città.” Quando il volume uscì, questa Sicilia così pagana, vissuta e raccontata da dentro dallo scrittore siciliano e da un giovane fotografo allora sconosciuto, suscitò non poche polemiche, sia da parte dei cattolici che della sinistra. Il secondo, I Siciliani (1977) con testi di Dominique Fernandez e Leonardo Sciascia, è un appassionato ritratto della Sicilia, con le sue laceranti contraddizioni, i suoi ‘uomini neri"', con la bellezza che toglie il fiato, con i chiaroscuri, le luci accecanti e le tenebre, con una vitalità e un'intensità che pochi altri luoghi al mondo possono vantare. Tutto questo visto da chi la conosce perché l'ha nel sangue e negli occhi, nella memoria. Da chi l'ha fuggita per orrore e passione (Scianna si è trasferito a Milano da giovane) ma che sente spesso la necessità di tornarci.
Marpessa, un racconto è la storia di un incontro, superficialmente fra il fotografo e la sua modella, ma più profondamente fra un irrequieto intellettuale siciliano e la sua ‘idea' della donna. In un contesto tutto nuovo: quello della finzione della moda. Nel 1987 due stilisti siciliani, Dolce e Gabbana, si rivolsero a Scianna per realizzare il catalogo della loro collezione. Le foto furono scattate in Sicilia. Ancora una volta Scianna raccolse una sfida: lui, fotoreporter rigoroso e moralista, da sempre testimone della realtà, si trovò invece ad essere regista di una messa in scena. Accettando di giocare con la moda, Scianna si ribellò ai suoi miti che, con a capo il grande e incombente Cartier-Bresson, suo amico e maestro, aborrivano l'intervento del fotografo sullo svolgersi della vita davanti all'obiettivo. Dal 1989 Ferdinando Scianna è l'unico fotografo italiano a essere membro dell'agenzia Magnum, continua dialetticamente a fotografare fra reportage e moda e il suo rapporto d'amicizia con Henri Cartier-Bresson è sempre più intenso.
L'idea di questa mostra è quella di un percorso intorno alla memoria. La memoria di Ferdinando Scianna, che non è solo ricordo ma anche ricordo del ricordo. Le foto scattate a Marpessa per raccontare dei vestiti sono quasi delle citazioni di se stesso e delle sue prime immagini, che a loro volta nascevano da un bisogno inconscio di inquadrare ricordi atavici. Marpessa, olandese all'anagrafe ma siciliana per il fotografo, occhi verdi e capelli scuri, sensuale, misteriosa, mistica e carnale, è l'attrice perfetta nel teatro siciliano di Scianna. Esporre i ritratti di Marpessa vicino alle fotografie giovanili della Sicilia è stata un'intuizione che ha sorpreso lo stesso Scianna. Forse proprio perché come le fotografie “non si fanno, si ricevono” e come Scianna è stato scelto dalla fotografia, allo stesso modo l'itinerario di questa mostra era già lì, perché qualcuno lo mettesse in piedi.
Valentina Carmi
torna a Torna a Testi critici
|