[30/4/2005]
Tecnologia & utopie
A proposito della sperimentazione
L'aspetto sperimentale accompagna e incrocia tutta l'attività creativa di Eugenio Carmi. La tecnologia – lui sempre proiettato verso il futuro – lo affascina e occupa una parte importante del suo lavoro. Sperimentazione per Carmi significa soprattutto coinvolgere gli altri, trascinandoli con le sue idee e le sue utopie. Così, contagia ingegneri, tecnici, operai, studiosi, per creare – tutti insieme – macchine del futuro nelle quali forme e colori rappresentino la possibilità di un mondo migliore.
Nel 1966, invitato alla Biennale di Venezia, Carmi vi espone SPCE (struttura policiclica a controllo elettronico), un'opera all'avanguardia per la presentazione di immagini in movimento, in cui un controllo elettronico che risponde a stimoli sonori prodotti dal comportamento degli spettatori, regola la programmazione visiva. Germano Celant, che presenta l'opera di Carmi alla Biennale, scrive nel catalogo: “Queste immagini utilizzano il lettering e l'aggressività cromatica e intendono porsi come segnali ipotetici tali da rompere con le consunte associazioni cromatiche e formali per costituire una nuova emblematica del nostro tempo”.
Nel 1969 viene invitato da Jasia Reichardt a partecipare alla mostra Cybernetic Serendipity, all'Institute of Contemporary Art di Londra. Partecipa con Carm-O-Matic, realizzata con la collaborazione di ingegneri dell'Olivetti. Su un cilindro che ruota a 1500 giri al minuto appaiono, grazie all'azione di luci stroboscopiche, immagini che per qualche frazione di secondo impressionano la retina dello spettatore. Per aumentare la casualità, la macchina è sensibile ai rumori dell'ambiente e nessun suono, nessuna immagine si ripetono. Pierre Restany, incantato dall'opera, scrive: “I bambini strillano, le loro madri si dimenano: l'onda sonora fa apparire delle immagini multiple dai colori accesi, delle configurazioni astratte, delle macchie e delle forme geometriche, delle onomatopee di strisce disegnate”.
Per la Rai realizza nel 1973 C'era una volta un re che aveva tre figlie bellissime, su invito di Mario Raimondo, direttore del servizio Programmi Sperimentali. Insieme a una troupe televisiva della Rai anche in questo caso gioca con i suoi colori e le sue forme astratte, che ispirano le musiche elettroniche di Angelo Paccagnini. “Carmi colpisce ancora”, scrive Umberto Eco. “Ha cominciato a puntare due telecamere a colori l'una contro l'altra. Pare che di solito non succeda nulla e i due occhi si guardino a lungo in perfetto equilibrio. Ma poi si manifesta una falla, accade alle telecamere quel che succede a un microfono che parli troppo vicino ad un altoparlante e ne escono fischi, echi, risonanze indesiderate. Salvo che qui l'incidente è atteso e voluto e il disturbo è cromatico; le conseguenze sono abbastanza strabilianti. Le camere cominciano a dipingere da sole, si creano sovrapposizioni di segnali, zone cromatiche si alternano e si sfanno, si stabiliscono inquietanti corridoi di luce che procedono l'uno dentro l'altro come nelle galassie di Odissea nello spazio. Le camere da sole fanno pittura divisionista, optical art, informale rivisto e corretto, musica. (…). Coi suoi ultimi esperimenti Carmi tenta di modificare il paesaggio televisivo dal di dentro”.
Valentina Carmi
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